Le mani sulla Sardegna

Sardinia experience

Esperienze Sardegna

Oggi ospitiamo una bella riflessione sulla nostra isola e sul tipo di turismo e di sviluppo che potremmo decidere di scegliere.

Un articolo dell’ amico scrittore Flavio Soriga  sperando sia di spunto per un dibattito ed  uno scambio di idee,  a completamento od  in dialettica, grazie alle quali  trovare nuove soluzioni ed approcci per le Vacanze in Sardegna.

FLAVIO SORIGA Sono, da quattro giorni, in giro per la Gallura per parlare in pubblico di romanzi, di Sardegna, di storia. I turisti che incontro in Gallura sono i primi a dirmi che bisogna fare di tutto perché questa terra non sia soffocata dal cemento. E’ una parte dell’isola, questa, che conosco meno di altre, in quanto campidanese impenitente seppure non pigro, con tendenze montiferrine e deviazioni giovanilistiche baronesi (per frequentazioni di campeggi e spiagge). La Gallura è un paradiso terrestre.

Lo so che è banale, lo so che non è nemmeno del tutto vero (non mi è difficile immaginare i pomeriggi di febbraio alla Maddalena come vagamente meno eccitanti di questi sabato sera di luglio), ma è così, e dobbiamo ricordarcelo sempre, non cedere mai su questo punto dirimente del nostro futuro di sardi: noi viviamo (o siamo nati e cresciuti e torniamo spesso) in un paradiso naturale. Un luogo meraviglioso che è sempre ad altissimo rischio di rovina.

Il fatto di averlo davanti agli occhi tutti i giorni, questo paradiso, può far correre il rischio di dimenticare, o di sentire con meno forza, quanta fortuna ci sia toccata nel suo conservarsi abbastanza immune dagli orrori architettonico-edilizi che hanno distrutto il resto delle coste italiane (salvo poche eccezioni).

E’ da sei mesi che giro l’Italia e ho incontrato migliaia di lettori, non certo tutti di sinistra, non certo tutti ambientalisti integralisti, non certo tutti allergici a mondanità e lussi, ma tutti – dalla signora milanese della più raffinata borghesia all’insegnante precaria di viterbo – tutti sempre mi hanno detto, mi dicono: «Non rovinate la Sardegna».

E mentre leggo di parchi eolici e possibili tangenti, di vecchi faccendieri inclini alla corruzione e nuovi politici incapaci di stare lontano dalle zone grigie, mentre il nome della nostra isola viene sempre più abbinato ai casi di malaffare nazionale, in tutto questo sento un assordante, incredibile silenzio sul futuro di questa terra. Sulle strategie da elaborare, sulle scelte necessarie.

Cosa vogliamo fare delle villette sulla spiaggia? Vogliamo costruirne ancora, e ancora, e ancora, perché senza dubbio danno un po’ di lavoro, perché senza dubbio fanno girare un po’ di economia, o crediamo che sia meglio puntare su alberghi di qualità (pochi), campeggi (molti), turismo delle zone interne e della bassa stagione? Cosa vogliamo fare per promuovere della Sardegna un’immagine che vada minimamente oltre la mondanità e l’autenticità della vita dei pastori?

C’è qualcuno che ha qualche idea su come potrebbe arrivare un po’ di benessere ai sardi senza distruggere questo nostro patrimonio ambientale enorme? Riusciremo a convincere di nuovo i ragazzi che andare fuori a laurearsi col massimo dei voti è il miglior investimento che questa terra possa fare, o non ci importa niente e vogliamo continuare a illuderci che l’edilizia sulla costa possa essere sufficiente a sostenere il nostro futuro?

Se persino Flavio Briatore, dopo una riflessione che immagino lunga e probante, è arrivato alla conclusione che Renato Soru aveva ragione circa la salvaguardia della natura dell’isola, forse è arrivato il momento di tornare a riflettere su questo e a discuterne in pubblico, togliendo un po’ di tempo alle telefonate con i faccendieri vecchi e nuovi. Portare benessere e sviluppo alla Sardegna senza rovinare le coste non sarà né rapido né semplice, perché l’edilizia sulla spiaggia la sanno fare tutti e paga subito, gli investimenti in istruzione e turismo di qualità richiedono tempi lunghi, grandi capacità e fiducia nel futuro.

La maggioranza ha abolito la legge salvacoste, e la conservatoria delle coste. Io temo che questo dica molto su come il centrodestra intenda lo sviluppo della Sardegna, ma ho la speranza (e anche la convinzione) che i suoi elettori non siano totalmente d’accordo su questo punto. Che, aldilà dell’antipatia o simpatia per Soru, la legge salvacoste piacesse alla grandissima maggioranza dei sardi, e persino alla signora milanese incontrata sul tram: «Non la rovinate la vostra terra bellissima».

di Flavio Soriga

FLAVIO SORIGA Sono, da quattro giorni, in giro per la Gallura per parlare in pubblico di romanzi, di Sardegna, di storia. Le mani sulla Sardegna I turisti che incontro in Gallura sono i primi a dirmi che bisogna fare di tutto perché questa terra non sia soffocata dal cemento E’ una parte dell’isola, questa, che conosco meno di altre, in quanto campidanese impenitente seppure non pigro, con tendenze montiferrine e deviazioni giovanilistiche baronesi (per frequentazioni di campeggi e spiagge). La Gallura è un paradiso terrestre. Lo so che è banale, lo so che non è nemmeno del tutto vero (non mi è difficile immaginare i pomeriggi di febbraio alla Maddalena come vagamente meno eccitanti di questi sabato sera di luglio), ma è così, e dobbiamo ricordarcelo sempre, non cedere mai su questo punto dirimente del nostro futuro di sardi: noi viviamo (o siamo nati e cresciuti e torniamo spesso) in un paradiso naturale. Un luogo meraviglioso che è sempre ad altissimo rischio di rovina. Il fatto di averlo davanti agli occhi tutti i giorni, questo paradiso, può far correre il rischio di dimenticare, o di sentire con meno forza, quanta fortuna ci sia toccata nel suo conservarsi abbastanza immune dagli orrori architettonico-edilizi che hanno distrutto il resto delle coste italiane (salvo poche eccezioni). E’ da sei mesi che giro l’Italia e ho incontrato migliaia di lettori, non certo tutti di sinistra, non certo tutti ambientalisti integralisti, non certo tutti allergici a mondanità e lussi, ma tutti – dalla signora milanese della più raffinata borghesia all’insegnante precaria di viterbo – tutti sempre mi hanno detto, mi dicono: «Non rovinate la Sardegna». E mentre leggo di parchi eolici e possibili tangenti, di vecchi faccendieri inclini alla corruzione e nuovi politici incapaci di stare lontano dalle zone grigie, mentre il nome della nostra isola viene sempre più abbinato ai casi di malaffare nazionale, in tutto questo sento un assordante, incredibile silenzio sul futuro di questa terra. Sulle strategie da elaborare, sulle scelte necessarie. Cosa vogliamo fare delle villette sulla spiaggia? Vogliamo costruirne ancora, e ancora, e ancora, perché senza dubbio danno un po’ di lavoro, perché senza dubbio fanno girare un po’ di economia, o crediamo che sia meglio puntare su alberghi di qualità (pochi), campeggi (molti), turismo delle zone interne e della bassa stagione? Cosa vogliamo fare per promuovere della Sardegna un’immagine che vada minimamente oltre la mondanità e l’autenticità della vita dei pastori? C’è qualcuno che ha qualche idea su come potrebbe arrivare un po’ di benessere ai sardi senza distruggere questo nostro patrimonio ambientale enorme? Riusciremo a convincere di nuovo i ragazzi che andare fuori a laurearsi col massimo dei voti è il miglior investimento che questa terra possa fare, o non ci importa niente e vogliamo continuare a illuderci che l’edilizia sulla costa possa essere sufficiente a sostenere il nostro futuro? Se persino Flavio Briatore, dopo una riflessione che immagino lunga e probante, è arrivato alla conclusione che Renato Soru aveva ragione circa la salvaguardia della natura dell’isola, forse è arrivato il momento di tornare a riflettere su questo e a discuterne in pubblico, togliendo un po’ di tempo alle telefonate con i faccendieri vecchi e nuovi. Portare benessere e sviluppo alla Sardegna senza rovinare le coste non sarà né rapido né semplice, perché l’edilizia sulla spiaggia la sanno fare tutti e paga subito, gli investimenti in istruzione e turismo di qualità richiedono tempi lunghi, grandi capacità e fiducia nel futuro. La maggioranza ha abolito la legge salvacoste, e la conservatoria delle coste. Io temo che questo dica molto su come il centrodestra intenda lo sviluppo della Sardegna, ma ho la speranza (e anche la convinzione) che i suoi elettori non siano totalmente d’accordo su questo punto. Che, aldilà dell’antipatia o simpatia per Soru, la legge salvacoste piacesse alla grandissima maggioranza dei sardi, e persino alla signora milanese incontrata sul tram: «Non la rovinate la vostra terra bellissima».

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